13 dicembre 2012

Capitolo 39 parte seconda

[Novel] NO. 6 - Vol 9 Ch 1 (b)
   ”C’è” Shion si alzò in piedi. “C’è un ospedale.”
   Inukashi e Rikiga si fissarono reciprocamente, guardandosi dritto negli occhi.
   ”Ospedale-? Dove?” Domandò Rikiga con una voce bassa e roca. Lo sguardo di Shion cambiò direzione, alla sua estremità le mura d’acciaio speciale,  illuminate intensamente dalle fiamme.
   ”All’interno.”

19 novembre 2012

Capitolo 39 parte prima

Volume 9
***
Dunque questa era No. 6
Questa era Elyurias.
***
Capitolo 1
Ciò che affermo di aver visto.
Mio grazioso signore,
Io dovrei riferirvi ciò che affermo di avere visto,
Ma non so come fare. [1]
-Macbeth, Atto V Scena V

27 ottobre 2012

Capitolo 38

Volume 8
Capitolo 4
Alla brezza della sera
Per più di cento anni la triste Ofelia
ha camminato, un bianco fantasma, lungo il lungo e oscuro fiume;
Per più di cento anni la sua dolce follia
ha mormorato il suo racconto alla brezza della sera.
-Arthur Rimbaud “Ophelia” [1]

4 ottobre 2012

Capitolo 37 parte seconda



  ”Non dirmi che l'intero edificio finirà per crollare.” L'eccitazione scomparve dalla voce di Rikiga, dove si fede strada l'incertezza.
  ”Ancora meglio se crolla,” rispose Inukashi. “Una volta diventato una montagna di detriti, sarò il primo a piantarci un albero commemorativo.” Ne pianterò uno per Getsuyaku, uno per il mio cane nero, e le numerose persone ammazzate qui. Un albero che crescerà maestoso e da cui sbocceranno fiori di un bianco candido.
  ”Sembravi così felice qualche giorno fa sperando che questo posto venisse giù, vecchio.” aggiunse.
  ”Era un modo di dire. Non mi spiacerebbe se il Penitenziario venisse giù, ma avrei qualche problema se quest'edificio divenisse una pila di detriti.”
  ”Perchè?”
  ”Inukashi, riflettici attentamente. Se questo edificio dovesse collassare completamente, i lingotti d'oro lì sotto finiranno sepolti insieme ad esso. Sarebbe un casino tirarli fuori di lì.”
  Inukashi fissò Rikiga. Il volto dell'uomo era sincero.
  ”Vecchio... tu ci credi davvero?”
  ”A cosa?”
  ”La storia dei lingotti d'oro. Li credi davvero lì sotto?”
  Gli occhi di Rikiga vagarono per il vuoto. La sua gola deglutì.
  ”Inukashi, su cosa stai tentando di scherzare? Certo che sono lì, le mie informazioni hanno fonti affidabili, non c'è il minimo dubbio.”
  ”Okay, se lo dici tu,” disse Inukashi indifferente. “Chi è che era la tua fonte? Ann o Oon o qualcosa di simile, no?”
  ”Sulu, una rossa meravigliosa. Lo ha udito a letto direttamente da un alto ufficiale di No.6. Questa soffiata non è falsa.”
  ”E’ così che funziona?”
  ”Già. Forse non lo sai, dato che sei ancora un poppante col moccolo al naso e hai a che fare solo coi cani, ma se c'è una cosa che un uomo non può fare, è mentire a una donna dopo averla portata a letto. Con le mogli è differente, ma un uomo non mentirebbe a una donna che ha comprato. Non ne avrebbe bisogno.”
  ”E’ per questo che sputano il rospo su informazioni confidenziali di cui non parlerebbero mai.”
  ”Esatto, vedo che hai capito.”
  ”E tu ti fidi di questa Sulu?”
  ”Certo che sì. L'ho torchiata a lungo domandandole se questa storia fosse vera. Sulu ha detto di averlo sentito senz'altro. Se lei è sicura lo sono anch'io.”
  ”State insieme, vecchio?”
  ”Non sono affari tuoi, marmocchio. Non è argomento per un bambino. Come adulto cresciuto, mi rifiuto di rispondere. No comment.”
  ”Tutto ciò che viene dalla tua bocca è inappropriato, vecchio.” Ribatté Inukashi. “Qualunque buona intenzione da parte tua si sarà probabilmente dissolta nell'alcol ormai. Sei il massimo dell'inappropriatezza che un adulto potrebbe raggiungere. Se avessi un figlio, non ti permetterei mai di avvicinarti a lui.”
  ”Tornando al discorso,” disse Rikiga impaziente “Cosa centra il mio rapporto con Sulu con la nostra conversazione?”
  ”Per andare dritto al punto, dirò solo che tra te e Nezumi, Nezumi conquisterebbe un sacco di ragazze più facilmente. Già, novantanove su cento probabilmente.... no, tutte cento le ragazze dormirebbero con Nezumi piuttosto che con te. Ovviamente. E dubito Sulu sia un'eccezione.”
  Le sopracciglia di Rikiga si aggrottarono teatralmente.
  ”Inukashi, che vorresti dire? Piantala di girarci intorno, fammi il favore di parlare chiaramente.”
  ”Chiaramente... Bhe, non che ci sia tanto da dire, a ogni modo. Mettiamo che io sia Sulu, e ami il modo in cui recita e sia completamente invaghita di questo attore di bell'aspetto chiamato Eve. Se lui mi sussurrasse nell'orecchio con quella sua calda voce, cosa farei? Penso sarei piuttosto disposta a rifilare false informazioni a un certo vecchio con lo stomaco pieno di birra, indipendentemente se fosse o meno il mio ex fidanzato. Ma questo è solo il mio pensiero,” disse Inukashi sbrigativamente.
  Rikiga deglutì a fatica, aprendo la bocca e cominciando a respirare pesantemente, come un vecchio cane sotto il caldo cocente.
  ”Come – no, come – perché mai Eve avrebbe dovuto chiederle una cosa simile? N-Non c'è alcuna ragione plausibile –“
  ”Per manipolarti, vecchio. In realtà, forse rientravo nel piano anch'io. Voleva tirarci all'amo con qualche lingotto d'oro. Era il modo più semplice ed efficace. Non ti sembra qualcosa che penserebbe? Quel tipo è imbattibile in scaltrezza. È sorprendentemente intelligente. Sono davvero impressionato, in realtà.”
  Rikiga rimase fermo e immobile per diversi secondi.
  ”Inukashi... quando te ne sei accorto?”
  ”Quando? Non lo so. Dal momento che hai detto di aver avuto l'informazione da una bella ragazza, mi è venuto in mente Nezumi. Aha, significa che conosco un po' più di te la sua vera identità, huh? Non che sia qualcosa di cui vantarsi.”
  ”Se lo sapevi, perché sei venuto lo stesso? Perché metti la tua vita in pericolo per fare tutto questo?”
  ”Perchè ci sono lingotti d'oro.”
  ”Huh?”
  ”A dire il vero, non lo so perché non me ne sto rannicchiato tranquillamente nel mio nido in questo momento. Davvero non lo so. Solo che – qualcosa che pensavo non si sarebbe mai infranta sta venendo giù. Qualcosa che credevo non sarebbe mai cambiata sta per capovolgersi. È quasi sorprendente quanto una montagna d'oro. E non è Dio a fare quel miracolo – sono degli esseri umani. Uno svampito e la frode del secolo. Non ti da brividi di paura ed eccitazione? A me si. È per questo che ho deciso di agire con le mie mani. Non aspetto che sia qualcun altro a cambiare le cose. Sarò io stesso a farmi avanti e farlo. Voglio pensare di aver avuto un ruolo nel cambiamento del mondo. Nezumi e Shion mi hanno gettato l'opportunità sotto gli occhi. Hanno detto 'Per quanto intendi accoccolarti lì e far finta di non accorgertene?' e mi hanno messo l'esca sotto il naso, un esca ancora più grande dell'oro.”
  ”Ed hai abboccato sapendo che ti stavano ingannando?”
  ”Immagino potremmo dire così.”
  ”Capisco... quindi hai abboccato e hai fatto abboccare anche me. Che giorno vergognoso per il potente signor Rikiga. Sono stato fregato da un paio di mocciosi. Sono un uomo cresciuto. Credo me ne stia rendendo conto davvero solo ora che la mia vita si sta avvicinando al momento di ritirarsi dalla scena.”
  ”Ehi, non essere così pessimista ora. È solo la mia supposizione, anche se credo sia al novantanove per cento giusta. C'è sempre la possibilità che Sulu fosse seriamente attratta da te e ti abbia dato questa succulenta informazione.”
  ”Seriamente attratta da me, huh... impossibile.” Rikiga si abbandonò a un profondo sospiro, e abbassò le spalle. Fedele alle sue parole, all'improvviso apparve come essere invecchiato di molti anni. “Allora cosa intendi fare ora?” Guardò Inukashi, sbuffando ancora.
  ”Io? Aspetterò.”
  ”Eve e Shion?”
  ”Già. Nezumi ha detto di aspettare qui. Che altra scelta avrei?”
  ”Come un cane leale che aspetta il suo padrone.”
  ”Come un'astuta volpe che cattura un topo di campagna.”
  ”Da dove torneranno? Da quella porta mezza aperta?”
  ”Chi lo sa? Non riesco a capirlo nemmeno io. Ho il dubbio che neppure Nezumi lo sappia con esattezza. Stanno scommettendo su tutto o niente – non ho modo di fare previsioni così lungimiranti. Comunque, è meglio essere lasciati all'oscuro dei climax della storia. Tu cosa farai vecchio, quindi?”
  Rikiga sospirò ancora una volta. La sua schiena era abbassata e la postura sembrava davvero quella di un vecchio, anche se Inukashi non era sicuro se lo stesse facendo di proposito.
  ”Aspetterò,” rispose. “Sentendomi come un cane leale.”
  ”Anche se i lingotti erano una menzogna?” Inukashi era piuttosto sorpreso. Era quasi certo che Rikiga si sarebbe precipitato fuori dalla stanza appena avesse scoperto che l'oro era un'illusione.
Qui non sai cosa accadrà a breve. Non c'è modo di immaginare che tipo di pericolo è in arrivo, e quando arriverà.
  Chiunque con un briciolo di cervello uscirebbe di qua e filerebbe dritto a casa. E Rikiga non è uno stupido. Potrebbe essere incline ad andare fuori strada, accecato dall'avidità, ma possiede le abilità necessarie per sopravvivere. Altrimenti non sarebbe in grado di accumulare soldi in un luogo come il West Block.
  Rikiga si lasciava coinvolgere solo in ciò che gli tornava utile. Emozioni e senso del dovere non erano nel suo criterio per prendere azione – lo era solo la potenziale ricchezza. Questa era la sua filosofia di vita, ed Inukashi era daccordo con lui. Era per quello che era stato preso di sorpresa.
  ”Perchè hai intenzione di aspettare, vecchio?” domandò con sincera curiosità.
  ”Perchè non posso muovermi.”
  ”Non puoi muoverti? Non mi sembri ferito.”
  ”Sono senza fiato e il mio cuore sta battendo all'impazzata. Le mie gambe e la mia schiena sono a pezzi. Non ho altra scelta se non fermarmi qui. E poi, non c'è nulla che provi che sei al centro per cento sicuro. La soffiata di Sulu potrebbe essere giusta, dopotutto.”
  ”Stai dicendo che mister lingottone d'oro è seduto sul suo culo sotto i nostri piedi?”
  ”Già. Sono arrivato fin qui credendovi. Col cavolo che vado via a mani vuote. Se sarà il caso, ripulirò io stesso il Penitenziario di qualunque cosa che abbia valore. E mi farò aiutare da te ed Eve. Gratis, e non accetto lamentele.”
  Inukashi fece spallucce, voltandosi di lato. Non credeva Rikiga stesse dicendo il vero cosa stava aspettando? Perchè si stava attardando restando qui? Inukashi era sicuro che persino Rikiga non conoscesse la risposta. Sapeva almeno che non era a causa del suo cuore che batteva all'impazzata, del suo respiro affannoso o dei lingotti d'oro, che non erano altro che illusioni.
Che ne sai, il vecchio crede davvero che torneranno. Inukashi voleva ridervi su, ma finì per serrare le labbra.
  Stanno avvenendo dei cambiamenti all'interno del Penitenziario. È quasi ora, stanno per tornare indietro.
  Nel buio, Inukashi strinse silenziosamente le mani in un pugno.

***
  ”E’ delizioso,” disse Renka sospirando. “Non sapevo che il the caldo potesse essere così buono.”
  ”Dell'altro zucchero? Dicono che il the dolce allevi la stanchezza.” Karan posò la zuccheriera davanti Renka, un oggetto che aveva acquistato per celebrare l'apertura del negozio. Un vasetto piccolo e semplice, ma era il preferito di Karan.
  Renka si asciugò le lacrime.
  ”Karan – grazie. Sono lieta che tu sia qui. Grazie davvero.”
  ”Oh, Renka, non piangere.” Karan posò una mano sul ginocchio di Renka, conferendo più decisione al suo tono. “Hai Lili a cui pensare. Sii forte.”
  Lili, che guardava sua madre preoccupata, strinse con più forza la tazza tra le mani. Karan sapeva quando indelicato fosse rimproverare Renka dicendole di essere forte in un momento in cui era schiacciata da stanchezza e incertezze. “Sii forte”; “torna in te”; “metticela tutta” – ci sono volte in cui parole incoraggianti feriscono il cuore molto più dolorosamente di un insulto.
  Sono al limite. Per cosa dovrei mettercela tutta?
  La stessa Karan era stata sul punto di urlare qualcosa di simile. Che crudeli, vuote e immature quanto superficiali parole d'incoraggiamento o di rimprovero. Lo so questo. Ma è un mio dovere dirle.
  ”Renka, hai Lili e il bambino nel tuo ventre. Sei una madre – devi essere forte. Potrai piangere in qualunque altro momento, ma ora non è il tempo per lasciarti andare ai sentimenti, no? Devi tornare in te.”
  Renka battè le palpebre, deglutendo il proprio respiro. Poi raddrizzò la schiena.
  ”Sì, senpai.”
  ”L'importante è che tu l'abbia capito. Fa attenzione la prossima volta.”
  ”Sì.”
  Lo sguardo di Lili si spostò tra sua madre e Karan.
  ”Signora, sei la senpai della mamma?”
  Renka avvicinò gentilmente le spalle di sua figlia. “Sì, lo è. La mia senpai nella vita. Vorrei mi insegnasse un sacco di cose in futuro.”
  ”Devi essere molto vecchia, signora.”
  Karan e Renka si guardarono tra loro, scoppiando a ridere quasi simultaneamente.
  ”Cattivo da parte tua, Lili,” esclamò Karan. “Non è vero. La tua mamma ed io siamo solo – oh, abbiamo otto anni di differenza. Immagino di essere piuttosto vecchia.”
  ”OH, Karan!” Rideva Renka, asciugandosi delicatamente le lacrime dagli occhi. “No, Karan, ti sono davvero grata. Chissà cosa sarebbe potuto accadere se fossi stata sola. Per via dell'ansia starei probabilmente piangendo come una bambina.”
  ”Non sei così debole,” disse Karan con fermezza. “Avresti ritrovato la tua forza di madre anche se non ti avessi detto nulla. E – sai, Renka, potrebbe sembrarti una soluzione temporanea, ma che ne dici di aspettare ancora un po' Gestuyaku? Ho l'impressione che sia ancora troppo presto per abbandonare la speranza.”
  Forse era davvero una soluzione temporanea, un modo per nascondere la verità. Ma a volte, hai bisogno di qualcosa per sollevare il tuo animo, qualcosa per mascherare la cruda verità. Come un cucchiaio di zucchero in una tazza di the.
  Renka depose la tazza, annuendo lentamente.
  ”Sì, sì, hai ragione. È troppo presto per gettare la speranza... assolutamente ragione. Aspetterò ancora un po'. Forse tornerà a casa domani.”
  ”Giusto.” Karan si trattenne a stento dal sospirare. Fino a quando Renka non fosse stata in grado di confermare l'incolumità di Getsuyaku, avrebbe dovuto continuare ad attendere suo marito, e Lili suo padre.
  Era troppo presto per perdere le speranze. Eppure la speranza senza una direzione era qualcosa di doloroso.
  Karan avvertì Renka stringerle la mano. Le sue dita erano calde e soffici.
  ”Karan, non mi lascerò sconfiggere. Anche se per caso lui non dovesse – Getsuyaku non dovesse tornare a casa.... noi due – no, noi tre vivremo insieme. Darò la nascita al figlio di Getsuyaku. Avrò il suo bambino, e lo crescerò bene.”
  Una forza ardeva nello sguardo di Renka. Nessuna traccia delle precedenti lacrime era rimasta.
  ”Io ho delle persone come te dalla mia parte, che mi supportano e mi danno forza. Andrà tutto bene. Farò quello che devo fare. Sono una madre, dopo tutto.”
  ”Renka!” Karan circondò le braccia intorno al sottile collo della donna. “Sei una madre incredibile. La migliore.”
Guardaci, Fato. Guarda quanto forti possiamo essere. Non ci lasceremo inghiottire dalla corrente. Manterremo la nostra presa sul terreno, salda, e continueremo a vivere. O Fato, o No. 6, noi non ci sottometteremo; noi non ci lasceremo calpestare.
  ”Karan, c'è anche un'altra persona per cui sono preoccupata a dire il vero.” Il tono di Renka si fece grave.
  ”Yoming, non è così?”
  ”Già, è mio fratello... mi domando cosa stia cercando di fare. Ho questa opprimente sensazione che – è venuto qui per caso?”
  ”Sì.”
  ”Come ti è sembrato?”
  ”Bhe, fammi pensare... sembrava agitato.”
  Udirono un urlo. Proveniva dall'esterno, dalla direzione dell'entrata frontale. Fu seguito da ciò che sembrava la caduta di qualcuno. Karan si alzò in piedi e corse alla porta, dando un occhiata attraverso la veneziana. Un gruppo di uomini erano accovacciati sotto un palo della luce. Una donna obesa stringeva uno di loro tra le braccia. Karan la conosceva. Il suo nome era Koka, e gestiva una taverna. Il giovane uomo tra le sue braccia sembrava il suo secondo figlio. Un giovane allegro che sembrava il ritratto di sua madre, ed era dedito al suo lavoro presso la taverna e ad aiutare sua madre. Di tanto in tanto passava dal negozio di Karan. L'ultima volta aveva comprato tutti i panini al burro del bancone, ridendo e dicendo che lo aveva fatto perché sua madre li adorava. Karan non conosceva il suo vero nome, ma ricordava di averlo sentito chiamare “Il Buon Appa”.
  Metà del volto di Appa era ricoperto di sangue, ed era disteso pesantemente ad occhi chiusi contro le braccia di sua madre. Non faceva il minimo movimento. Non sembrava respirare.
  Karan corse in strada.
  ”Koka, cosa è successo?”
  ”Oh, Karan! Mio figlio – hanno preso mio figlio.”
  ”Chi è stato?”
  Uno degli uomini agitò un pugno in aria. “L'esercito. L'esercito ci ha aperto il fuoco con dei fucili.”
  Karan si sentì attraversare da una scossa. Per un istante ebbe l'impressione di essere stata lei a collassare rumorosamente in strada. In realtà, aveva stretto le mani insieme, forzato le gambe a raddrizzarsi celermente e stava ora in piedi in una solida postura.
Lo sapevo. Lo sapevo. Lo sapevo.
  ”Esercito? Di cosa parli? Non esistono eserciti qui!” Disse Koka tra le lacrime.
  ”Non avrebbero dovuto esserci, ma c'erano. Non erano vestiti come ufficiali del Dipartimento di Sicurezza. Erano in attrezzatura militare. E – quei tipi, loro... hanno cominciato a spararci...”
  ”Aspetta!” disse Karan di colpo. “Dacci più dettagli. Eravate andati al municipio, vero?”
  ”Già. C'è stato un appello attraverso internet. È per questo che ci stavamo muovendo.”
  ”Un appello...”
  ”A proposito di questa misteriosa e terribile malattia. Stanno morendo tutti quei cittadini, eppure le autorità non stanno facendo nulla. E in più – il sindaco e gli altri pezzi grossi hanno pronti dei vaccini per loro, e intendono abbandonare il resto di noi. Come potremmo permetterlo? È per quello che siamo accorsi al Moondrop. Avresti dovuto vedere quanta gente c'era. Sembrava uscissero da ogni parte della città. Persino i residenti di Cronos. Abbiamo formato un'enorme folla e ci siamo diretti al Moondrop. Il nostro piano era quello di entrare e incontrare il sindaco. È questo che il messaggio ci diceva di fare. Diceva di proteggere da noi le nostre vite, e mettere le mani su quel vaccino. E non era l'unica cosa.”
  L'uomo deglutì, scuotendo il pugno ancora più furiosamente.
  ”Siamo stati bistrattati per tutto questo tempo. Le nostre condizioni di vita non so decenti nemmeno per metà – no, nemmeno un decimo della decenza – delle vite di quelli che vivono a Cronos. Anche se siamo gli stessi cittadini. Tutto questo tempo abbiamo lasciato correre, non c'era nulla che potessimo fare. Pensavamo di non avere altra scelta. Ma ne ho avuto abbastanza. Un orribile epidemia si sta diffondendo per la città, non me ne starò con le mani in mano.”
  Un altro uomo si alzò in piedi. Del sangue scorreva dalla benda avvolta intorno alla sua testa.
  ”Già, è così! Bella considerazione che devono avere di noi!”
  ”Lascia che ascolti la vostra storia,” disse Karan. “Quindi siete accorsi tutti quanti al Moondrop. C'erano un sacco di persone e l'esercito si è improvvisamente materializzato. È questo che stai dicendo?”
  ”Proprio così. Sono rimasto sbigottito. Avevano addirittura carri armati. Erano uno strano tipo di veicoli, colorati di oro opaco. Credo fossero chiamati carri armati, almeno. E’ la prima volta in vita mia che ne vedo uno... ma ne sono piuttosto sicuro. E davanti a loro, un'enorme fila di soldati armati era allineata.... dicendo 'Questo è un avvertimento. Sgomberate l'area immediatamente'. E hanno continuato a ripeterlo un paio di volte. 'Questo è un avvertimento. Sgomberate l'area immediatamente.'”
  La paura balenò nei suoi occhi.
  ”Ma non siamo andati via, come avrai capito. Alcuni hanno tentato di scappare, ma molti altri gridavano perché si continuasse ad avanzare. Così noi – voglio dire, non ci aspettavamo saremmo stati attaccati. Siamo cittadini. E come ho detto, la gente presente non era solo da Lost Town o altri distretti, c'erano anche residenti di Cronos. Elite con le loro famiglie. Non ho mai nemmeno preso in considerazione... che la città avrebbe usato le forze militari contro la sua stessa gente.”
  ”Ma lo ha fatto,” disse Karan con un filo di voce. Troppo facilmente aveva premuto il grilletto contro i suoi cittadini.
Sentenza per coloro che non obbediscono.
  Punizione per coloro che non si sottomettono.
  No. 6 aveva esposto i suoi veri colori. Aveva abbassato la maschera indossata così abilmente fino ad allora.
  Morte a coloro che non sono docili.
  Una penalità per quelli che si ribellano.
  ”Appa era dietro di me quando è stato colpito, dritto alla testa. Non ha fatto nemmeno un suono, è solo caduto... tutti sono andati nel panico, cominciando a tentare di fuggire di lì. Oh, non crederesti alla scena. Trascinando Appa a turno... siamo fuggiti il più veloce possibile. Quando ci siamo ripresi. Eravamo seduti qui....”
  Koka sollevò il viso e lanciò un urlo al cielo.
  ”Oh, mio figlio sta diventando freddo! Perchè! Perchè doveva succedere tutto questo? Mio figlio!” Le sue grida angosciose non risuonavano nell'aria ma erano inghiottite dal cielo notturno.
  ”Hei! Sembra che la gente si stia radunando di nuovo davanti al Moondrop.” Un uomo che fissava il monitor del suo computer mobile sollevo un barrito come un urlo di battaglia. Tutti tranne Koka guardarono verso di lui.
  ”Sembra ci siano due – no, tre volte più gente questa volta. Stanno tutti venendo fuori per ottenere il vaccino. Con così tanta gente nemmeno il Dipartimento di Sicurezza o l'esercito sarà in grado di fare qualcosa. Non possono massacrare tutti i cittadini. Ora è il momento di chiedere al sindaco di venire fuori dal Moondrop così possiamo avere una discussione.”
  ”Si stanno radunando tutti... è la verità?”
  ”Sì. La gente si sta riunendo di nuovo, e questa volta useranno la forza per tirare fuori il sindaco. Questa è la nostra prima possibilità, se non l'ultima. Ora è il momento, ci siamo.” La voce dell'uomo tremava, mentre i suoi occhi vagavano sullo schermo del computer.
  ”Sì, adesso.”
  ”Torniamo lì ancora una volta. Non lasceremo che la morte di Appa sia vana. Se ci tirassimo indietro ora, per cosa avrebbe dato la sua vita?”
  ”Non è solo Appa. Anche mio cugino e mia madre sono morti, per quella malattia. Non possiamo lasciare che le anime di quei morti restino non vendicate.”
  ”E’ morta anche la mia sorellina. È spirata così velocemente. Puoi immaginare quanta rabbia avessi? Se solo avessi avuto il vaccino, se solo la città avesse risolto il problema più velocemente, non sarebbe dovuta morire.”
  ”Giusto, andiamo.”
  ”Sì!”
  Gli uomini si tirarono tutti in piedi. Si guardarono l'un l'altro, poi cominciarono a correre. Solo la donna e l'uomo morto rimasero.
  ”Mio figlio è morto. È partito per un viaggio senza di me,” continuò a piangere Koka. La sua voce viaggiava attraverso il terreno, aggrappandosi ai piedi di Karan.
  Lo sapevo. Lo sapevo. Lo sapevo. È morta della gente. Ancora altri ne moriranno nel prossimo futuro.
  ”Karan,” disse Renka in una voce tremante alle sue spalle. “Cosa succederà? La convocazione in internet... è opera di mio fratello?”
  Karan si voltò, afferrando le spalle di Renka.
  ”Renka, come posso contattare Yoming? C'è qualche modo?”
  Renka scosse prontamente il capo. “No. Non riesco a raggiungere il suo cellulare né la sua e-mail. Credo stia rifiutando qualunque contatto.”
  ”Capisco...”
  ”Mamma? Signora?” Lili puntò giù lungo la via con la mano estesa. Ombre di figure comparivano da qualunque viale, formando una folla oscura.
  ”Al municipio, al Moondrop.”
  ”Dobbiamo ottenere il vaccino.”
  ”Non possono lasciarci morire così.”
  ”Già! È questo che si aspettano da noi?”
  ”Andiamo, gente. Uniamoci!”
  Grida e passi si scontravano e mescolavano insieme, diventando un unico fragore. Dove era rimasta a dormire questa energia all'interno della città?
Dio, tutti in questa dannata città sono così ingenui e obbedienti, aveva borbottato Yoming una volta. Non avevano nemmeno l'energia di dubitare gli ordini che arrivavano dall'alto. Loro non provano nemmeno a pensare. Vanno semplicemente per la strada di minor opposizione, aveva sputato acidamente, le sue parole cariche di frustrazione e disprezzo.
  Ma ora, il suolo radiava il calore delle persone, ed era a un passo dall'esplodere. Una tale energia era rimasta nascosta dentro di loro per tutto questo tempo. No. 6 non doveva avere alcun accenno di disagio, scontento o ansietà. Ma questo era ciò che aveva continuato a vorticare in profondità. Quello che aveva continuato a scorrere nascosto sotto il terreno era sul punto di esplodere. Era quasi un miracolo.
Forse questo mondo sta davvero per cambiare. Forse – no. Non è così. È diverso. Non è giusto, un miracolo avvolto nel sangue e angoscia non è alcun miracolo.
  Yoming aveva previsto la caduta di No. 6. Aveva inneggiato alla distruzione della Città Santa. Ma non aveva accennato a una singola parola di creazione. Non aveva espresso una specifica visione per quale tipo di mondo desiderasse realizzare lì; cosa aspirasse a creare dopo che No. 6 avesse cessato di esistere. Non una singola parola.
  Karan si portò le mani al cuore, che batteva freneticamente.
  Le grida di dolore di Koka erano inghiottite e infrante dalla confusione, non raggiungendo le orecchie di nessuno.
  ”Renka, torna dentro il negozio, per favore. Chiudi la porta e resta nel retro con Lili.”
  ”E tu, signora?”
  Karan si accovacciò di fronte a Lili.
  ”Accompagnerò Koka a casa. Tornerò presto. Tu prenditi cura di tua madre mentre sono via, okay?”
  ”Va bene!”
  Baciò la guancia di Lili. Poi, per un momento, chiuse gli occhi. L'immagine del sorriso di Shion sfiorò i suoi occhi. Karan respirò a fondo l’aria notturna nel petto, aprendo nuovamente gli occhi.
  • fine capitolo-
note: 1. Senpai (è anche nella versione inglese così l'ho lasciato anch'io) significa persona che frequenta una classe superiore rispetto al soggetto. Funziona anche come modo per indirizzarsi rispettosamente a una persona più vecchia o con maggior esperienza.

19 settembre 2012

Capitolo 37 (prima parte)



Volume 8
Capitolo 3
Figlio di Laerte discendente di Giove, Odisseo dal multiforme ingegno,
trattieniti, frena l'ardente desiderio di guerra,
non lasciare che il figlio di Crono, Zeus dall'ampio sguardo s'adiri.
-Odissea, Omero. [1]

11 settembre 2012

Capitolo 36 (seconda parte)



 ”Per quanto ancora dobbiamo restare così?” Disse Rikiga soffocando uno sbadiglio, prendendo una bottiglia piatta di metallo dalla tasca. Inukashi sentì la puzza dell'alcol pizzicargli le narici.
 “Quella roba puzza da morire. Si può sapere cosa c'è lì dentro?” domandò stringendosi il naso.
 ”Lo vuoi proprio sapere?” Le labbra di Rikiga si incurvarono in un sorriso volgare, scuotendo leggermente la bottiglia. Inukashi poteva udire il liquido agitarsi all'interno.

31 agosto 2012

Capitolo 36 (prima parte)

Volume 8
Capitolo 2
Basta!
Basta coi miraggi, basta con i terrori fittizi, basta coi fantasmi!...
La vita è reale! Non stavo forse vivendo, poco fa? [...] Sia
suo il regno dei cieli,-- [...] Ora viene il regno della ragione e della luce e...
della volontà, e della forza... e finalmente staremo a vedere!
Vedremo chi sarà il più forte!» [1]
-Dostoyevsky, Delitto e Castigo.




 Lili stava dormendo. Respirava silenziosamente, distesa sul lacero sofà nel retro del negozio.
 Si trovava in posizione fetale, con le sopracciglia corrugate e le labbra morse appariva tutt'altro che serena. Lacrime erano ancora visibili sul volto. Per l'ansia si era probabilmente rannicchiata, stringendosi stretta al lenzuolo con cui Karan l'aveva coperta.
 "Lili... povera cara." Karan le sistemò meglio il lenzuolo. Le labbra della bambina si stavano muovendo impercettibilmente.
 "Babbo... non andare," mormorava nel sonno. Le piccole dita chiuse saldamente intorno all'orlo della coperta.
 Lacrime sgorgarono dagli occhi di Karan, e premette velocemente le mani contro i suoi condotti lacrimali. Piangere non avrebbe risolto nulla. Le lacrime non avevano mai risolto niente per lei; aveva pianto tutte le sue lacrime quando Shion era scomparso.
 Aveva pianto ancora, ancora e ancora. Certamente, c'erano stati momenti in cui le proprie lacrime l'avevano supportata. Alcune volte, piangere le aveva permesso di cambiare la sua attitudine e compiere un uovo passo verso il domani. Aveva vissuto numerose volte una simile esperienza. Karan non aveva alcuna intenzione di negarle o vergognarsi delle sue lacrime.
 Ma questa volta era differente.
Devo proteggere questa bambina. Non posso sedermi a piangere. Devo diventare più forte.
 Karan accarezzò gentilmente i capelli della bambina. Doveva proteggere Lili da qualunque tipo di pericolo. Non lascerò che sia ancora triste. Non la lascerò soffrire. Non ho potuto proteggere Shion o Safu. Appunto per questo, devo proteggere Lili con tutte le mie forze.
Non mi è stato concesso quasi alcun potere: alcun potere per cambiare il mondo; nessun potere per allontanare la pioggia di sventure; alcun potere per salvare le persone che amo. Sono una persona debole, ma non impotente. C'è ancora una piccola forza in me. Userò quella forza per allargare le mie braccia, e divenire uno scudo per quelli più deboli e fragili di me.
 "Babbo... babbo... ho paura."
 Karan baciò delicatamente la fronte della bambina. "Lili, va tutto bene. Andrà tutto bene."
 Udì bussare alla porta.
 Qualcuno stava bussando alla porta del negozio in modo umile ma affrettato. Ogni volta che udiva bussare, il cuore di Karan era solito librarsi al pensiero di Shion che tornava a casa. Era sopraffatta dal bisogno di correre alla porta. Ora, era abbastanza calma da tendere un cauto orecchio al suono della porta colpita.
 Non perché avesse perso la speranza. Come madre, la speranza che suo figlio potesse ritornare era saldamente radicata nel suo cuore.
Vi riunirete assolutamente.
 Il messaggio di Nezumi. Quella breve lettera era l'incarnazione stessa della speranza. Una speranza che le apportava sollievo e risoluzione. Che la invitava a restare calma. Che le donava qualcosa in cui credere.
Vi riunirete assolutamente.
 Sì, ma certo. Tornerai sicuramente a casa un giorno, Shion. Assolutamente. Karan si alzò, avvicinandosi alla porta.
 "Karan, sei a casa? Sono io," disse una voce maschile, che sembrava in qualche modo stanca. Era Yoming, il fratello maggiore di Renka, madre di Lili. Era l'unico zio di Lili e uno dei suoi pochi parenti.
 "Aspetta un attimo, Yoming. Apro subito." sollevò la veneziana e aprì la chiave della porta. Un uomo di alta statura entrò con passo incerto. Sembrava ancora più esausto di quanto apparisse dalla voce.
 "Come sta Renka?" Domandò Karan appena chiusa la porta. L'uomo era affondato in una sedia. A quanto diceva, Renka era presa dal panico, preoccupata per il mancato ritorno del marito dal lavoro.
 "Le ho dato dei tranquillanti e si è finalmente addormentata. Piangeva e gridava... è stato orribile. Non avrei mai immaginato che potesse piangere in quel modo. Solitamente è più forte."
 "Dev'essere terribilmente preoccupata."
 "Puoi scommetterci. Per quanto ha continuato ad attendere, Getsuyaku non è tornato a casa. Non si è fatto vivo al solito autobus, né al successivo. È la prima volta che accade da quando si sono sposati. Ha pensato che qualcosa dev'essergli accaduto, e non ha idea di cosa fare. Era l'unica cosa a cui poteva pensare. Le ho detto di calmarsi, ma non ascoltava nulla di quello che dicevo... era uno spettacolo pietoso da guardare."
 "Ma se gli fosse accaduto qualcosa a lavoro, avrebbero chiamato, no? Se non c'è stata nessuna telefonata, allora..."
 Yoming scosse debolmente il capo. Le borse sotto gli occhi si fecero ancora più pronunciate, e le rughe tra le sopracciglia si fecero più solcate.
 "Non so dove lavori. Non ho idea di dove chiamare, o a chi fare domande. Getsuyaku non ha rivelato nemmeno alla sua famiglia dove lavorava."
 "Dove lavorava? Nemmeno Renka lo sa?"
 "Già, ha detto di non averne la più pallida idea. Glie lo ha domandato una volta, poco dopo sposati, ma Getsuyaku non le ha mai dato una risposta. Ha detto che non stava facendo nulla di losco, ma che non poteva rivelare nulla per ordini superiori. La supplicò di non domandarglielo, perché sarebbe stato licenziato in caso cui glie lo avesse detto. Renka ha detto di non aver avuto scelta se non chiudere la bocca a quelle parole. Il suo salario non era propriamente alto, ma Getsuyaku guadagnava molto più del normale residente di Lost Town, ed era solito consegnarlo tutto a sua moglie. Renka alla fine ha smesso di preoccuparsi del lavoro di suo marito, e si era convinta che glie ne avrebbe parlato al momento giusto. Lei aveva Lili a cui pensare, e un altro bambino era in arrivo. Certo, la preoccupava, ma uno stabile mezzo di sostentamento era la sua maggior preoccupazione. Così aveva chiuso un occhio. Il risultato – questo."
 "Ma quale tipo di lavoro terresti segreto alla tua stessa famiglia?"
 "Tu cosa pensi?" Yoming fissò Karan. Un bagliore tagliente scintillò per un momento nei suoi occhi arrossati. Karan deglutì. Segreti, occultamento, silenzio.
 "Il Penitenziario." Appena le parole scivolarono sulla sua lingua, un sapore amaro le si diffuse per tutta la bocca. Sapeva che era un illusione, ma l'amaro era abbastanza da farla rabbrividire.
 ”Sì, è quello che credo anch'io. Non ho alcuna evidenza, ma sono praticamente certo fosse lì. Getsuyaku stava lavorando presso il Penitenziario. Certo, non doveva essere un dipartimento di grande importanza. Ma un lavoro che richiede di forzare una legge-bavaglio ai gradini più bassi dell'organizzazione... sì, quel luogo è l'unica possibilità."
 "Ma... anche se Getsuyaku lavorasse presso il Penitenziario, tornava comunque a casa tutti i giorni alla stessa ora, no?"
 "Già. Usciva ed entrava in casa con perfetta regolarità. Ma oggi, non importa quanto mia sorella abbia aspettato, lui non è rincasato. E come se non bastasse..." Yoming esitò.
 "E’ accaduto qualcosa?"
 Yoming tirò fuori una piccola sacca dalla tasca della giacca, vuotandone il contenuto sul palmo della mano. Karan trattenne il respiro.
 "Mio dio, monete d'oro."
 Tre monete d'oro. Una singola moneta d'oro corrispondeva a quasi un metà di un anno di lavoro per un residente di Lost Town. Tre monete d'oro. Era un enorme somma.
 "Glie li ha dati Getsuyaku."
 "Oh cielo, come ha fatto ad avere una così larga somma di denaro?"
 "Renka gli ha domandato la stessa cosa. Ma conoscendola, gli avrà praticamente fatto il terzo grado."
 "E Getsuyaku-san?"
 "Non le ha dato una risposta chiara. Ha detto che non era denaro sporco, e continuava a ripeterle che era un pagamento legittimo. Alla fine, l'intera faccenda è rimasta all'oscuro. È solo che... dopo questo, Renka lo ha sentito dire tra sé che dovrebbe essere abbastanza per sostenerli per un po'. Renka insiste che Getsuyaku intendesse dire che sarebbero stati al sicuro per un po', se fosse scomparso. Per quanto riguarda me, non credo sia sia frutto della sua mente."
 "Pensi che Getsuyaku-san sentisse qualche sorta di... sensazione che stesse per accadere qualcosa?"
 "Immagino di sì. Renka dice che era da un paio di giorni che agiva in modo strano. Sembrava perso e preoccupato di qualcosa, e c'erano spesso momenti come ieri, in cui si faceva assente e non rispondeva."
 "Sembra che Lili avesse la stessa sensazione. Era molto preoccupata per Getsuyaku-san." La voce di Karan tremava. Il suo cuore batteva freneticamente.
 Una grossa somma di denaro di cui non se ne conosceva la provenienza; parole che avevano predetto il suo mancato ritorno; il suo enigmatico comportamento – tutto puzzava di distruzione. Poteva comprendere perché Renka fosse così sconvolta, incapace di sopportare la propria ansia, in aggiunta a questo, Renka aveva assistito all'improvvisa e misteriosa morte del suo precedente marito.
Sta per succedere la stessa cosa.
 Quel pensiero accresceva la sua paura e la sua ansia ancora di più. Il suo focolare con Getsuyaku era il suo piccolo paradiso, realizzato dopo innumerevoli difficoltà insieme a sua figlia. Vedersi strappare via e perdere tutto questo ancora una volta – era troppo crudele.
 Yoming si alzò in piedi all'improvviso. Cominciò a camminare nel piccolo negozio, i passi riecheggiavano per tutto l'ambiente.
 "Sono collegati?" I suoi passi quasi ricoprivano il suo basso tono di voce, ora ridotto quasi a un sussurro.
 "Mh? Cosa hai detto?"
 Yoming si fermò all'improvviso, poi si voltò per fronteggiare Karan. Il suo volto era teso, ma le guance arrossate tradivano il suo eccitamento.
 "Pensi che ci sia una connessione tra l'incidente di Getsuyaku e quelli in No. 6? Cosa ne pensi, Karan?"
 "No, perché, è impossibile --"
 "-- che possa essere vero? Ne sei sicura?" Gli occhi di Yoming ospitavano una luce, quasi febbrile. Nel giro di un attimo , il suo intero contegno era cambiato. O stava mostrando un lato di sé che aveva tenuto nascosto fino ad allora?
"Se Getsuyaku non è potuto tornare a casa, non è stato per ragioni personali. Lo conosci; se così fosse, avrebbe sicuramente trovato il modo di contattare la famiglia. In questo momento si trova in una situazione in cui non può contattarli nemmeno se volesse. Forse gli è stato completamente impedito di contattare chiunque."
 "Intendi che è tenuto prigioniero da qualche parte?"
 "Sì. Ma se fosse stato imprigionato, la sua famiglia avrebbe ricevuto qualche tipo di notifica dal Dipartimento di Sicurezza. Almeno, era così che funzionava fino ad ora. Ma non c'è stato alcun contatto. Se il suo lavoro fosse presso il Penitenziario... come possiamo essere sicuri che non sia accaduto qualche tipo di strano incidente, lì?"
 Istituto Penitenziario. Il luogo in cui Safu doveva essere stata condotta, e anche Shion si trovava lì, probabilmente.
 "Non si tratta solo del Penitenziario... hei, Karan. In questo momento No. 6, questa città sta vivendo un grosso cambiamento. Lo senti anche tu, non è vero?"
 "Sì," disse Karan esitante.
 Yoming riprese a camminare. Click, click, click. I suoi passi risuonavano ancora più forti, ancora più incessanti. "I residenti della Città Santa stanno morendo a destra e a manca. Le autorità non provano nemmeno a fare qualcosa. Infatti non possono. Nessuno ha idea di cosa fare. Questa sarà probabilmente la prima volta che qualcosa del genere accade. No. 6 era la suprema città ideale, chiamata persino Città Santa dalla sua gente – e ora sta crollando a pezzi. Domani forse sarà già svanita."
 "Yoming, stai correndo troppo. È impossibile che --"
 "No, io lo so," Yoming interruppe Karan in modo deciso, e un piccolo sorriso gli attraversò le labbra. "Un senso di terrore sta circolando per la città, un orrore che nessuno ha mai sperimentato prima. Il terrore di vedere la propria vita minacciata. Presto, si trasformerà in scontento nei confronti delle autorità. Infatti, lo scontento si è già gonfiato in misura tale che starà già per esplodere. I cittadini erano abituati all'obbedienza e ad accettare la falsa prosperità imposta loro, ma ora hanno finalmente aperto gli occhi. Si sono svegliati, comprendendo in che razza di mondo ingiusto e relegante hanno vissuto fin'ora. Sì, sì, si sono finalmente svegliati. E sono quasi impazziti per il panico. Dio solo sa perché non ci hanno provato prima. Nessuno si è nemmeno sforzato di vedere la verità.”
 ”Yoming...” Karan indietreggiò di un passo. Yoming sembrava non aver notato il suo disagio. Sembrava quasi essersi dimenticato di Getsuyaku e la sua unica sorella, Renka. Getsuyaku, Renka, Lili e Karan. Scosso dal tumulto delle proprie emozioni, Yoming non era in grado di dedicare un singolo pensiero a ciascun individuo intorno a lui.
 Karan conosceva persone con occhi simili.
 Era accaduto tanto tempo fa, quando Karan era ancora giovane. No. 6 non aveva ancora esteso i suoi confini. Quelle persone si lasciavano trascinare dalle loro stesse parole e ideali: i loro sguardi ardevano di passione e le loro voci erano infervorate. Accecavano gli altri con la loro intelligenza, ma ne erano anche terrificati. Non era sugli esseri umani che erano puntati i loro accesi sguardi. Discorrevano di ideali, ma erano a malapena interessati alle persone. Forse non si rendevano nemmeno conto che non apprezzavano più l'esistenza degli esseri umani. Parlavano della fondazione della città ideale come qualcosa di prossima realizzazione, eppure gli esseri umani non entravano mai come fattori in tali pensieri... era inquietante.
 Karan si era gradualmente allontanata da queste persone. Aveva paura di trovarsi in loro compagnia. Era spaventata dai loro sguardi. Questi individui erano le persone che stavano proseguendo alla graduale fondazione di No. 6, eppure li trovava terrificanti, inquietanti, difficili da trattare.
 Terrificanti, inquietanti...
 Gli stessi occhi. Quegli uomini discutevano della creazione della città utopica, l'uomo dinnanzi a lei parlava della sua distruzione. Occupavano posizioni opposte, eppure i loro occhi erano simili.
 ”Karan, questa è la nostra occasione. La possibilità che si presenta una volta su un milione di strappare l'ultimo respiro a questa artificiale Città Santa. Chi se lo aspettava che sarebbe giunta così presto?” scoppiò a ridere. “Persino i cieli hanno voltato le spalle a No. 6.”
 Yoming si fermò, cominciando a ridere ad alta voce. Karan avvertì un brivido. Sentiva la propria schiena tesa in un brivido gelido.
 ”Yoming... cosa stai pensando? Cosa hai intenzione di fare?”
 Lo sguardo di Yoming ricadde su Karan.
 ”Cosa sto cercando di fare? Hmm... beh, Karan, immagino di poterti raccontare tutto. Sei quasi una di noi, dopotutto.”
 ”Una di voi...?”
 ”Ci sono un grandissimo numero di persone come me in questa città, che si sono visti i propri cari strappare via spietatamente. Sei anche tu una di quelle persone, no?”
 Non aveva altra scelta se non rispondere 'sì'. Era stata certamente spietatamente all'improvviso strappata via da suo figlio.
 Era quasi impossibile contattarsi l'un l'altro a causa dell'assoluta rigidità della sorveglianza cittadina. “È quasi un miracolo che tu ed io abbiamo potuto incontrarci e parlare liberamente in questo modo. È stata una coincidenza che tu fossi amica di vicinato di Renka, e la cosa ha lavorato in nostro favore. Ma con questa confusione, la loro sorveglianza dovrebbe essere meno rigida. Le autorità sono occupate con le emergenze. Noi penetreremo attraverso queste brecce. Sta a vedere, Karan.”
 ”Yoming!” disse Karan insistente. “Rispondimi, cosa stai pensando di fare?”
 ”Shh, non alzare la voce,” l'avvertì Yoming. “Sii cauta, non abbassare ancora la guardia. Guarda e ascolta attentamente. Presto userò una rete di informazione elettronica per appellarmi ai cittadini. Dirò loro: le autorità hanno intenzione di guardare la loro gente morire, e non fare nulla a riguardo. Invece di prendere misure effettive nella battaglia contro l'emergenza, rigireranno semplicemente le dita assistendo allo spettacolo dei loro cittadini che periscono. Precipitiamoci tutti presso il Moondrop. Dobbiamo condurre il sindaco allo scoperto. I loro piani alti intendono tutelarsi con dei vaccini speciali per essere gli unici a sopravvivere. Non possiamo permettere che accada. Ecco cosa dirò.”
 ”Aspetta, quale vaccino speciale? Esiste davvero?”
 ”Non lo so.”
 ”Non lo sai... vuoi dire che non esiste allora?” disse Karan incredula.
 ”Non abbiamo tempo per preoccuparci se esiste o meno. Ma non credi sia una storia credibile?”
 ”E’ troppo incerta per circolare... Yoming, stai pensando di far circolare questa falsa notizia per istigare la gente a una rivolta?”
 ”Sì,” rispose Yoming prontamente. “'I cittadini' scontenti daranno luogo a una rivolta senza precedenti. Questo sarà certamente d'effetto. È l'ultima goccia che farà traboccare l'intero vaso. Pensaci, Karan: la maggior parte dei cittadini di No. 6 si riuniranno come gregge sotto il Moondrop, le facce contorte in paura e rabbia. Che visione sarà! Il solo pensarci mi fa sentire un brivido di piacere.”
 ”No, fermati. Non devi farlo.”
 ”Non devo? Perché no? Perché mi dici cose simili?”
 ”Delle persone moriranno” Karan fissò Yoming diritto in faccia e parlò lentamente, come per ponderare ciascuna parola. La lingua le sembrava fiacca e pesante. Una parte della sua testa sembrava intorpidita. “Molte persone moriranno. Yoming, non dirmi che non riesci a immaginare cosa accadrà. Come reagiranno le autorità contro quella folla infervorata di persone? Non dovresti nemmeno aver bisogno di pensarci; tenteranno di sopprimerli con la forza bruta. No. 6 – questa città stato – mai e poi mai perdonerebbe qualcuno che si ribella contro di lei. Cercheranno di sopprimere ciascuno dei presenti con forze... con forze militari... Yoming, lo capisci, non è vero? Lo capisci molto, molto bene.”
 Yoming distolse lo sguardo da Karan, sospirando.
 ”Ma se decine di migliaia di cittadini si precipitassero lì, nemmeno le autorità saranno in grado di fare nulla. Solo un armata potrebbe controllare la situazione.
 ”E se mobilitassero l'esercito?” Karan alzò la voce.
 ”Non essere sciocca. No. 6 non possiede nessun esercito. Ogni tipo di forza militare è stata vietata dal trattato di Babilonia.”
 Yoming si ammutolì. La sua mascella era rigida e tesa. Karan sentiva il bisogno di ridere.
 No. 6 che onora un trattato? Come puoi dire qualcosa di così stupido che fatichi tu stesso a crederci? Hai sempre parlato così facilmente di qualcosa in cui sei il primo a non credere? Yoming, sei stato tu a dirmelo: questa città divora i suoi cittadini spietatamente. Non stavi combattendo contro quel crudele stato che si rifiutava di trattare gli esseri umani come tali? Non stavi combattendo per onorare le vite delle persone?
 ”Delle persone moriranno,” ripeté. E lo avrebbe fatto quante volte ce ne sarebbe stato bisogno. “Se cittadini ed esercito dovessero scontrarsi, un mare... un mare di sangue verrà versato. Non puoi permettere che accada. Yoming, pensaci. Tutti coloro che moriranno – anche loro hanno delle famiglie. Hanno delle persone che amano. Hanno una famiglia, come Lili qui, o Renka. Non puoi assassinarli.”
 ”Non c'è alternativa.” Il mormorio di Yoming mise fine alle parole di Karan. Per un momento, non comprese cosa le era stato detto.
 ”Cosa? Cosa hai detto?”
 ”Karan, il mondo è sull'orlo del cambiamento. Persone verranno sacrificate, ma non possiamo farci nulla. Nulla cambierà se continuiamo a temere di versare del sangue.”
 ”Yoming... sei impazzito?”
 ”Impazzito? Certo che no. Non sono io ad essere pazzo: sono loro, No. 6. Ho la mia intelligenza con me, e non ho paura. Anche se dovessi perdere la vita adesso, non avrei rimpianti. Devo solo riuscire a realizzare quello che mi sono prefisso di compiere. Sì, so che la mia morte non sarebbe in vano. Per fondare un nuovo mondo, offrirei volentieri la mia stessa vita. Diverrei la pietra miliare su cui il nuovo mondo sorgerà... un vero eroe.”
Hai bisogno di sacrifici per fondare un nuovo mondo? Devi per forza offrire delle vite in cambio? Un mondo che cerca in cambio delle offerte sacrificali sarebbe lo stesso – identico a quella Città Santa che stai così disperatamente cercando di distruggere. Non sarebbe nuovo affatto. Non una singola pietra cambierebbe.
 Si sentiva stringere il petto. Il respiro le si fece affannoso, le parole gettate nello scompiglio e annaspava in cerca d'aria.
 ”Pensi che tua moglie... pensi che avrebbe voluto la tua morte... la morte di tutte quelle persone?”
 ”Mia moglie... hai ragione, sarò finalmente in grado di vendicare mia moglie e mio figlio. Saranno probabilmente colmi di gioia.”
 ”Yoming, tua moglie non avrebbe voluto vendetta. Sono sicura che non avrebbe mai voluto che tu morissi. Riprenditi, ti prego. La vendetta non genererà mai pace. L'odio darà luce solo a maggior odio. Devi continuare a vivere.”
 Lo sguardo di Yoming si fece duro. Rabbia ardeva al loro interno.
 ”Karan... perché stai cercando di fermarmi? Non sei una di noi? Sei dalla parte di No. 6?”
 ”Nessuno ha detto che lo fossi. Solo --”
 ”Basta così.” Yoming raggiunse velocemente la porta, posando una mano sulla maniglia. “Karan, sono deluso. Pensavo potessimo comprenderci di più. Un vero peccato. Ho perso la speranza in te.”
 ”Yoming,” protestò Karan.
 ”Presto realizzerai che avevo ragione. E quando arriverà il momento, mi celebrerai. E io ti perdonerò.”
Ho ragione io, ho ragione io. È impossibile che possa essere nel torto. Una volta che un uomo credeva completamente di aver ragione, che non avrebbe mai potuto cadere in errore, era già in torto.
 ”Abbi cura di Lili e Renka per me. Probabilmente non sarò in grado di vederle per un po'.” La porta si aprì. Il vento soffiò all'interno. Poteva vedere l'oscurità. Il sole era già tramontato, e una brezza strisciava al terreno. L'alta figura dell'uomo scomparve nel vento e nell'oscurità. La porta si richiuse e l'unica cosa che rimase fu l'odore della notte.
 Karan era caduta al pavimento. Si coprì il volto con le mani e chiuse forte gli occhi. Aveva le vertigini. Aveva nausea.
 ”Signora,” la chiamò una piccola vocina da fanciulla. Lili si era messa seduta sul sofà e stava fissando Karan. “Cosa c'è?”
 ”Lili... no, non è nulla, cara.”
 ”Davvero? Non c'è davvero niente che non va?” Lili sollevò le manine. Karan la abbracciò, ancora avvolta nel suo lenzuolo. Il suo piccolo corpicino stava tremando.
 ”Va tutto bene, va tutto bene. Non hai nulla di cui preoccuparti. Andrà tutto bene, “ sussurrò lentamente come in una canzone. Il tremore di Lili si fermò, e il suo respiro affannato si fece più leggero.
 ”Papà non è ancora a casa.”
 ”No, non lo è. Deve aver avuto una giornata piena al lavoro.”
 ”Signora, ora vado a casa. Devo stare con la mamma. Non posso lasciare la povera mamma da sola.”
 ”Oh, Lili.” Yoming, lo vedi? La tua nipotina è così giovane, così debole, eppure è ugualmente preoccupata per sua madre. A modo suo sta provando a proteggere le persone per lei importanti. Ci sono tanti bambini come Lili là fuori. Non possiamo lasciare che soffrano. Non possiamo portare via i loro cari. Ti prego, lascia che nessuno venga ucciso. E non morire, Yoming. Non farti uccidere.
 ”Lili, la tua mamma sarà addormentata adesso. Lascia che riposi. Attenderemo ancora un po, poi le telefoneremo, ok? Per il momento, dobbiamo aspettare qui il tuo papà.”
 ”Qui al tuo forno, signora?”
 ”Sì. Abbiamo il pane qui – pane fresco, latte, e un po' di frutta. Ma certo! Facciamo una festa tutti e tre. Quando tornerà a casa il tuo papà, potrà unirsi a noi.”
 ”Una festa?” Lili batté le palpebre. Un leggero colorito le imporporò le guance. “Una festa sarebbe meravigliosa.”
 ”Vero? Ora non posso preparare una torta, ma potremmo preparare dei muffin. Sono rimasti anche alcuni biscotti al cioccolato, e penso di avere anche qualche marshmallow. Lili, ti spiacerebbe sistemarli nel vassoio?”
 ”Sì, lo faccio subito, mi piace sistemare i biscotti!”
 ”Allora lascio fare a te. Prepariamo tutto per bene per la festa, e poi telefoniamo insieme alla tua mamma. Renka sarà contentissima, vero?”
 ”Oh, sarà sicuramente felice!” disse Lili estasiata. “Alla mamma piacciono tanto i tuoi muffin, quasi quanto piacciono a me... oh, Cravat!”
 ”Mh? Cravatte?” Karan lanciò un istintivo sguardo al bancone, in cui non era rimasto quasi nulla. Non aveva venduto tutto; piuttosto, non era stata in grado di cucinare una sufficiente quantità di pane e dolci. Il suo solito fornitore non era passato. Negozi avevano chiuso ovunque le loro vetrine. Lei stessa stava per terminare farina, zucchero, burro ed olio. Se andava avanti senza rifornire le proprie scorte, le avrebbe terminate nel giro di un paio di giorni. Karan non aveva avuto scelta se non chiudere il negozio.
 La catena di distribuzione stava cadendo a pezzi.
 ”Lili, non ho preparato nessuna cravatta,” disse ad alta voce, comprendendo immediatamente che Lili non stava parlando delle paste. Era Cravat, il piccolo topino marrone.
 ”--No,” disse Lili esalando un respiro, con delusione che faceva eco nella sua voce. “Pensavo di aver visto Cravat, ma è stata solo un'impressione.”
 ”Vorresti rivedere Cravat, Lili?”
 ”Sì. Mi piace davvero tanto quel topolino. Ha degli occhietti così belli, ed è soffice e caldo quando sta nella mia mano. Mi piace tanto tanto. Signora, dove vive Cravat?”
 ”Hmm... me lo domando anch'io.”
 ”Non lo sai nemmeno tu, signora?”
 ”No, sfortunatamente. Non ne ho idea.”
 ”Oh,” disse Lili. “Lo sai, vorrei tanto vedere la casetta di Cravat. Sento che sarebbe davvero divertente. Ci saranno probabilmente un sacco di altri topini insieme a Cravat, no?”
 ”Hmm, penso tu abbia ragione. Penso sia così.”
La destinazione e la casa di Cravat – è dove si trova mio figlio.
Shion, cosa stai facendo adesso? Come stai? Sei con Nezumi? Tu, Nezumi e Safu state bene, vero? Non posso fare nulla per voi. So che sono inaffidabile, ma queste mani non possono raggiungerti.
 Vivi, Shion. Ti prego, abbi cara la tua vita. Tratta la tua vita e quella degli altri con compassione.
Vi riunirete assolutamente.
 Sì, sicuramente. Non ci lasceremo abbattere. Non importa quanto terribile sia la situazione, noi vivremo per incontrarci ancora.
 ”Signora, vado a prendere i vassoi.”
 ”Sarebbe magnifico, cara. Vorrei che prendessi quel grosso vassoio colorato in fondo allo scaffale. C'è un servizio da tea in coordinato. Potresti trovarli?”
 ”Certo. Lascia fare a me!” Lili saltò facilmente sullo scaffale.
 Karan si portò una mano al petto, tirando silenziosamente diversi respiri.
Non importa cosa accadrà, noi sopravvivremo. Raggiungeremo la fine delle nostre vite, non come gloriosi eroi, i cui nomi saranno tramandati nel tempo, ma come persone vissute con modestia. Stringeremo nelle nostre mani una vita non impostaci, ma una vita scelta da noi stessi.
 Questa sarà la nostra vittoria.
 Giusto, Shion? Giusto, Nezumi?


Fine prima parte


[1] Dostoyevsky, delitto e castigo, traduzione mezza presa da qui http://www.vastacom.org/documenti/Delitto%20e%20Castigo.pdf , per il resto.... non sono così presuntuosa da ritenere le mie traduzioni migliori di quelle ufficiali, è solo che vorrei tenermi fedele al testo inglese... che non so se è tradotto dal giapponese o prende fonti a parte... cmq....non è che abbia cambiato poi tantissimo.