27 ottobre 2012

Capitolo 38

Volume 8
Capitolo 4
Alla brezza della sera
Per più di cento anni la triste Ofelia
ha camminato, un bianco fantasma, lungo il lungo e oscuro fiume;
Per più di cento anni la sua dolce follia
ha mormorato il suo racconto alla brezza della sera.
-Arthur Rimbaud “Ophelia” [1]

4 ottobre 2012

Capitolo 37 parte seconda



  ”Non dirmi che l'intero edificio finirà per crollare.” L'eccitazione scomparve dalla voce di Rikiga, dove si fede strada l'incertezza.
  ”Ancora meglio se crolla,” rispose Inukashi. “Una volta diventato una montagna di detriti, sarò il primo a piantarci un albero commemorativo.” Ne pianterò uno per Getsuyaku, uno per il mio cane nero, e le numerose persone ammazzate qui. Un albero che crescerà maestoso e da cui sbocceranno fiori di un bianco candido.
  ”Sembravi così felice qualche giorno fa sperando che questo posto venisse giù, vecchio.” aggiunse.
  ”Era un modo di dire. Non mi spiacerebbe se il Penitenziario venisse giù, ma avrei qualche problema se quest'edificio divenisse una pila di detriti.”
  ”Perchè?”
  ”Inukashi, riflettici attentamente. Se questo edificio dovesse collassare completamente, i lingotti d'oro lì sotto finiranno sepolti insieme ad esso. Sarebbe un casino tirarli fuori di lì.”
  Inukashi fissò Rikiga. Il volto dell'uomo era sincero.
  ”Vecchio... tu ci credi davvero?”
  ”A cosa?”
  ”La storia dei lingotti d'oro. Li credi davvero lì sotto?”
  Gli occhi di Rikiga vagarono per il vuoto. La sua gola deglutì.
  ”Inukashi, su cosa stai tentando di scherzare? Certo che sono lì, le mie informazioni hanno fonti affidabili, non c'è il minimo dubbio.”
  ”Okay, se lo dici tu,” disse Inukashi indifferente. “Chi è che era la tua fonte? Ann o Oon o qualcosa di simile, no?”
  ”Sulu, una rossa meravigliosa. Lo ha udito a letto direttamente da un alto ufficiale di No.6. Questa soffiata non è falsa.”
  ”E’ così che funziona?”
  ”Già. Forse non lo sai, dato che sei ancora un poppante col moccolo al naso e hai a che fare solo coi cani, ma se c'è una cosa che un uomo non può fare, è mentire a una donna dopo averla portata a letto. Con le mogli è differente, ma un uomo non mentirebbe a una donna che ha comprato. Non ne avrebbe bisogno.”
  ”E’ per questo che sputano il rospo su informazioni confidenziali di cui non parlerebbero mai.”
  ”Esatto, vedo che hai capito.”
  ”E tu ti fidi di questa Sulu?”
  ”Certo che sì. L'ho torchiata a lungo domandandole se questa storia fosse vera. Sulu ha detto di averlo sentito senz'altro. Se lei è sicura lo sono anch'io.”
  ”State insieme, vecchio?”
  ”Non sono affari tuoi, marmocchio. Non è argomento per un bambino. Come adulto cresciuto, mi rifiuto di rispondere. No comment.”
  ”Tutto ciò che viene dalla tua bocca è inappropriato, vecchio.” Ribatté Inukashi. “Qualunque buona intenzione da parte tua si sarà probabilmente dissolta nell'alcol ormai. Sei il massimo dell'inappropriatezza che un adulto potrebbe raggiungere. Se avessi un figlio, non ti permetterei mai di avvicinarti a lui.”
  ”Tornando al discorso,” disse Rikiga impaziente “Cosa centra il mio rapporto con Sulu con la nostra conversazione?”
  ”Per andare dritto al punto, dirò solo che tra te e Nezumi, Nezumi conquisterebbe un sacco di ragazze più facilmente. Già, novantanove su cento probabilmente.... no, tutte cento le ragazze dormirebbero con Nezumi piuttosto che con te. Ovviamente. E dubito Sulu sia un'eccezione.”
  Le sopracciglia di Rikiga si aggrottarono teatralmente.
  ”Inukashi, che vorresti dire? Piantala di girarci intorno, fammi il favore di parlare chiaramente.”
  ”Chiaramente... Bhe, non che ci sia tanto da dire, a ogni modo. Mettiamo che io sia Sulu, e ami il modo in cui recita e sia completamente invaghita di questo attore di bell'aspetto chiamato Eve. Se lui mi sussurrasse nell'orecchio con quella sua calda voce, cosa farei? Penso sarei piuttosto disposta a rifilare false informazioni a un certo vecchio con lo stomaco pieno di birra, indipendentemente se fosse o meno il mio ex fidanzato. Ma questo è solo il mio pensiero,” disse Inukashi sbrigativamente.
  Rikiga deglutì a fatica, aprendo la bocca e cominciando a respirare pesantemente, come un vecchio cane sotto il caldo cocente.
  ”Come – no, come – perché mai Eve avrebbe dovuto chiederle una cosa simile? N-Non c'è alcuna ragione plausibile –“
  ”Per manipolarti, vecchio. In realtà, forse rientravo nel piano anch'io. Voleva tirarci all'amo con qualche lingotto d'oro. Era il modo più semplice ed efficace. Non ti sembra qualcosa che penserebbe? Quel tipo è imbattibile in scaltrezza. È sorprendentemente intelligente. Sono davvero impressionato, in realtà.”
  Rikiga rimase fermo e immobile per diversi secondi.
  ”Inukashi... quando te ne sei accorto?”
  ”Quando? Non lo so. Dal momento che hai detto di aver avuto l'informazione da una bella ragazza, mi è venuto in mente Nezumi. Aha, significa che conosco un po' più di te la sua vera identità, huh? Non che sia qualcosa di cui vantarsi.”
  ”Se lo sapevi, perché sei venuto lo stesso? Perché metti la tua vita in pericolo per fare tutto questo?”
  ”Perchè ci sono lingotti d'oro.”
  ”Huh?”
  ”A dire il vero, non lo so perché non me ne sto rannicchiato tranquillamente nel mio nido in questo momento. Davvero non lo so. Solo che – qualcosa che pensavo non si sarebbe mai infranta sta venendo giù. Qualcosa che credevo non sarebbe mai cambiata sta per capovolgersi. È quasi sorprendente quanto una montagna d'oro. E non è Dio a fare quel miracolo – sono degli esseri umani. Uno svampito e la frode del secolo. Non ti da brividi di paura ed eccitazione? A me si. È per questo che ho deciso di agire con le mie mani. Non aspetto che sia qualcun altro a cambiare le cose. Sarò io stesso a farmi avanti e farlo. Voglio pensare di aver avuto un ruolo nel cambiamento del mondo. Nezumi e Shion mi hanno gettato l'opportunità sotto gli occhi. Hanno detto 'Per quanto intendi accoccolarti lì e far finta di non accorgertene?' e mi hanno messo l'esca sotto il naso, un esca ancora più grande dell'oro.”
  ”Ed hai abboccato sapendo che ti stavano ingannando?”
  ”Immagino potremmo dire così.”
  ”Capisco... quindi hai abboccato e hai fatto abboccare anche me. Che giorno vergognoso per il potente signor Rikiga. Sono stato fregato da un paio di mocciosi. Sono un uomo cresciuto. Credo me ne stia rendendo conto davvero solo ora che la mia vita si sta avvicinando al momento di ritirarsi dalla scena.”
  ”Ehi, non essere così pessimista ora. È solo la mia supposizione, anche se credo sia al novantanove per cento giusta. C'è sempre la possibilità che Sulu fosse seriamente attratta da te e ti abbia dato questa succulenta informazione.”
  ”Seriamente attratta da me, huh... impossibile.” Rikiga si abbandonò a un profondo sospiro, e abbassò le spalle. Fedele alle sue parole, all'improvviso apparve come essere invecchiato di molti anni. “Allora cosa intendi fare ora?” Guardò Inukashi, sbuffando ancora.
  ”Io? Aspetterò.”
  ”Eve e Shion?”
  ”Già. Nezumi ha detto di aspettare qui. Che altra scelta avrei?”
  ”Come un cane leale che aspetta il suo padrone.”
  ”Come un'astuta volpe che cattura un topo di campagna.”
  ”Da dove torneranno? Da quella porta mezza aperta?”
  ”Chi lo sa? Non riesco a capirlo nemmeno io. Ho il dubbio che neppure Nezumi lo sappia con esattezza. Stanno scommettendo su tutto o niente – non ho modo di fare previsioni così lungimiranti. Comunque, è meglio essere lasciati all'oscuro dei climax della storia. Tu cosa farai vecchio, quindi?”
  Rikiga sospirò ancora una volta. La sua schiena era abbassata e la postura sembrava davvero quella di un vecchio, anche se Inukashi non era sicuro se lo stesse facendo di proposito.
  ”Aspetterò,” rispose. “Sentendomi come un cane leale.”
  ”Anche se i lingotti erano una menzogna?” Inukashi era piuttosto sorpreso. Era quasi certo che Rikiga si sarebbe precipitato fuori dalla stanza appena avesse scoperto che l'oro era un'illusione.
Qui non sai cosa accadrà a breve. Non c'è modo di immaginare che tipo di pericolo è in arrivo, e quando arriverà.
  Chiunque con un briciolo di cervello uscirebbe di qua e filerebbe dritto a casa. E Rikiga non è uno stupido. Potrebbe essere incline ad andare fuori strada, accecato dall'avidità, ma possiede le abilità necessarie per sopravvivere. Altrimenti non sarebbe in grado di accumulare soldi in un luogo come il West Block.
  Rikiga si lasciava coinvolgere solo in ciò che gli tornava utile. Emozioni e senso del dovere non erano nel suo criterio per prendere azione – lo era solo la potenziale ricchezza. Questa era la sua filosofia di vita, ed Inukashi era daccordo con lui. Era per quello che era stato preso di sorpresa.
  ”Perchè hai intenzione di aspettare, vecchio?” domandò con sincera curiosità.
  ”Perchè non posso muovermi.”
  ”Non puoi muoverti? Non mi sembri ferito.”
  ”Sono senza fiato e il mio cuore sta battendo all'impazzata. Le mie gambe e la mia schiena sono a pezzi. Non ho altra scelta se non fermarmi qui. E poi, non c'è nulla che provi che sei al centro per cento sicuro. La soffiata di Sulu potrebbe essere giusta, dopotutto.”
  ”Stai dicendo che mister lingottone d'oro è seduto sul suo culo sotto i nostri piedi?”
  ”Già. Sono arrivato fin qui credendovi. Col cavolo che vado via a mani vuote. Se sarà il caso, ripulirò io stesso il Penitenziario di qualunque cosa che abbia valore. E mi farò aiutare da te ed Eve. Gratis, e non accetto lamentele.”
  Inukashi fece spallucce, voltandosi di lato. Non credeva Rikiga stesse dicendo il vero cosa stava aspettando? Perchè si stava attardando restando qui? Inukashi era sicuro che persino Rikiga non conoscesse la risposta. Sapeva almeno che non era a causa del suo cuore che batteva all'impazzata, del suo respiro affannoso o dei lingotti d'oro, che non erano altro che illusioni.
Che ne sai, il vecchio crede davvero che torneranno. Inukashi voleva ridervi su, ma finì per serrare le labbra.
  Stanno avvenendo dei cambiamenti all'interno del Penitenziario. È quasi ora, stanno per tornare indietro.
  Nel buio, Inukashi strinse silenziosamente le mani in un pugno.

***
  ”E’ delizioso,” disse Renka sospirando. “Non sapevo che il the caldo potesse essere così buono.”
  ”Dell'altro zucchero? Dicono che il the dolce allevi la stanchezza.” Karan posò la zuccheriera davanti Renka, un oggetto che aveva acquistato per celebrare l'apertura del negozio. Un vasetto piccolo e semplice, ma era il preferito di Karan.
  Renka si asciugò le lacrime.
  ”Karan – grazie. Sono lieta che tu sia qui. Grazie davvero.”
  ”Oh, Renka, non piangere.” Karan posò una mano sul ginocchio di Renka, conferendo più decisione al suo tono. “Hai Lili a cui pensare. Sii forte.”
  Lili, che guardava sua madre preoccupata, strinse con più forza la tazza tra le mani. Karan sapeva quando indelicato fosse rimproverare Renka dicendole di essere forte in un momento in cui era schiacciata da stanchezza e incertezze. “Sii forte”; “torna in te”; “metticela tutta” – ci sono volte in cui parole incoraggianti feriscono il cuore molto più dolorosamente di un insulto.
  Sono al limite. Per cosa dovrei mettercela tutta?
  La stessa Karan era stata sul punto di urlare qualcosa di simile. Che crudeli, vuote e immature quanto superficiali parole d'incoraggiamento o di rimprovero. Lo so questo. Ma è un mio dovere dirle.
  ”Renka, hai Lili e il bambino nel tuo ventre. Sei una madre – devi essere forte. Potrai piangere in qualunque altro momento, ma ora non è il tempo per lasciarti andare ai sentimenti, no? Devi tornare in te.”
  Renka battè le palpebre, deglutendo il proprio respiro. Poi raddrizzò la schiena.
  ”Sì, senpai.”
  ”L'importante è che tu l'abbia capito. Fa attenzione la prossima volta.”
  ”Sì.”
  Lo sguardo di Lili si spostò tra sua madre e Karan.
  ”Signora, sei la senpai della mamma?”
  Renka avvicinò gentilmente le spalle di sua figlia. “Sì, lo è. La mia senpai nella vita. Vorrei mi insegnasse un sacco di cose in futuro.”
  ”Devi essere molto vecchia, signora.”
  Karan e Renka si guardarono tra loro, scoppiando a ridere quasi simultaneamente.
  ”Cattivo da parte tua, Lili,” esclamò Karan. “Non è vero. La tua mamma ed io siamo solo – oh, abbiamo otto anni di differenza. Immagino di essere piuttosto vecchia.”
  ”OH, Karan!” Rideva Renka, asciugandosi delicatamente le lacrime dagli occhi. “No, Karan, ti sono davvero grata. Chissà cosa sarebbe potuto accadere se fossi stata sola. Per via dell'ansia starei probabilmente piangendo come una bambina.”
  ”Non sei così debole,” disse Karan con fermezza. “Avresti ritrovato la tua forza di madre anche se non ti avessi detto nulla. E – sai, Renka, potrebbe sembrarti una soluzione temporanea, ma che ne dici di aspettare ancora un po' Gestuyaku? Ho l'impressione che sia ancora troppo presto per abbandonare la speranza.”
  Forse era davvero una soluzione temporanea, un modo per nascondere la verità. Ma a volte, hai bisogno di qualcosa per sollevare il tuo animo, qualcosa per mascherare la cruda verità. Come un cucchiaio di zucchero in una tazza di the.
  Renka depose la tazza, annuendo lentamente.
  ”Sì, sì, hai ragione. È troppo presto per gettare la speranza... assolutamente ragione. Aspetterò ancora un po'. Forse tornerà a casa domani.”
  ”Giusto.” Karan si trattenne a stento dal sospirare. Fino a quando Renka non fosse stata in grado di confermare l'incolumità di Getsuyaku, avrebbe dovuto continuare ad attendere suo marito, e Lili suo padre.
  Era troppo presto per perdere le speranze. Eppure la speranza senza una direzione era qualcosa di doloroso.
  Karan avvertì Renka stringerle la mano. Le sue dita erano calde e soffici.
  ”Karan, non mi lascerò sconfiggere. Anche se per caso lui non dovesse – Getsuyaku non dovesse tornare a casa.... noi due – no, noi tre vivremo insieme. Darò la nascita al figlio di Getsuyaku. Avrò il suo bambino, e lo crescerò bene.”
  Una forza ardeva nello sguardo di Renka. Nessuna traccia delle precedenti lacrime era rimasta.
  ”Io ho delle persone come te dalla mia parte, che mi supportano e mi danno forza. Andrà tutto bene. Farò quello che devo fare. Sono una madre, dopo tutto.”
  ”Renka!” Karan circondò le braccia intorno al sottile collo della donna. “Sei una madre incredibile. La migliore.”
Guardaci, Fato. Guarda quanto forti possiamo essere. Non ci lasceremo inghiottire dalla corrente. Manterremo la nostra presa sul terreno, salda, e continueremo a vivere. O Fato, o No. 6, noi non ci sottometteremo; noi non ci lasceremo calpestare.
  ”Karan, c'è anche un'altra persona per cui sono preoccupata a dire il vero.” Il tono di Renka si fece grave.
  ”Yoming, non è così?”
  ”Già, è mio fratello... mi domando cosa stia cercando di fare. Ho questa opprimente sensazione che – è venuto qui per caso?”
  ”Sì.”
  ”Come ti è sembrato?”
  ”Bhe, fammi pensare... sembrava agitato.”
  Udirono un urlo. Proveniva dall'esterno, dalla direzione dell'entrata frontale. Fu seguito da ciò che sembrava la caduta di qualcuno. Karan si alzò in piedi e corse alla porta, dando un occhiata attraverso la veneziana. Un gruppo di uomini erano accovacciati sotto un palo della luce. Una donna obesa stringeva uno di loro tra le braccia. Karan la conosceva. Il suo nome era Koka, e gestiva una taverna. Il giovane uomo tra le sue braccia sembrava il suo secondo figlio. Un giovane allegro che sembrava il ritratto di sua madre, ed era dedito al suo lavoro presso la taverna e ad aiutare sua madre. Di tanto in tanto passava dal negozio di Karan. L'ultima volta aveva comprato tutti i panini al burro del bancone, ridendo e dicendo che lo aveva fatto perché sua madre li adorava. Karan non conosceva il suo vero nome, ma ricordava di averlo sentito chiamare “Il Buon Appa”.
  Metà del volto di Appa era ricoperto di sangue, ed era disteso pesantemente ad occhi chiusi contro le braccia di sua madre. Non faceva il minimo movimento. Non sembrava respirare.
  Karan corse in strada.
  ”Koka, cosa è successo?”
  ”Oh, Karan! Mio figlio – hanno preso mio figlio.”
  ”Chi è stato?”
  Uno degli uomini agitò un pugno in aria. “L'esercito. L'esercito ci ha aperto il fuoco con dei fucili.”
  Karan si sentì attraversare da una scossa. Per un istante ebbe l'impressione di essere stata lei a collassare rumorosamente in strada. In realtà, aveva stretto le mani insieme, forzato le gambe a raddrizzarsi celermente e stava ora in piedi in una solida postura.
Lo sapevo. Lo sapevo. Lo sapevo.
  ”Esercito? Di cosa parli? Non esistono eserciti qui!” Disse Koka tra le lacrime.
  ”Non avrebbero dovuto esserci, ma c'erano. Non erano vestiti come ufficiali del Dipartimento di Sicurezza. Erano in attrezzatura militare. E – quei tipi, loro... hanno cominciato a spararci...”
  ”Aspetta!” disse Karan di colpo. “Dacci più dettagli. Eravate andati al municipio, vero?”
  ”Già. C'è stato un appello attraverso internet. È per questo che ci stavamo muovendo.”
  ”Un appello...”
  ”A proposito di questa misteriosa e terribile malattia. Stanno morendo tutti quei cittadini, eppure le autorità non stanno facendo nulla. E in più – il sindaco e gli altri pezzi grossi hanno pronti dei vaccini per loro, e intendono abbandonare il resto di noi. Come potremmo permetterlo? È per quello che siamo accorsi al Moondrop. Avresti dovuto vedere quanta gente c'era. Sembrava uscissero da ogni parte della città. Persino i residenti di Cronos. Abbiamo formato un'enorme folla e ci siamo diretti al Moondrop. Il nostro piano era quello di entrare e incontrare il sindaco. È questo che il messaggio ci diceva di fare. Diceva di proteggere da noi le nostre vite, e mettere le mani su quel vaccino. E non era l'unica cosa.”
  L'uomo deglutì, scuotendo il pugno ancora più furiosamente.
  ”Siamo stati bistrattati per tutto questo tempo. Le nostre condizioni di vita non so decenti nemmeno per metà – no, nemmeno un decimo della decenza – delle vite di quelli che vivono a Cronos. Anche se siamo gli stessi cittadini. Tutto questo tempo abbiamo lasciato correre, non c'era nulla che potessimo fare. Pensavamo di non avere altra scelta. Ma ne ho avuto abbastanza. Un orribile epidemia si sta diffondendo per la città, non me ne starò con le mani in mano.”
  Un altro uomo si alzò in piedi. Del sangue scorreva dalla benda avvolta intorno alla sua testa.
  ”Già, è così! Bella considerazione che devono avere di noi!”
  ”Lascia che ascolti la vostra storia,” disse Karan. “Quindi siete accorsi tutti quanti al Moondrop. C'erano un sacco di persone e l'esercito si è improvvisamente materializzato. È questo che stai dicendo?”
  ”Proprio così. Sono rimasto sbigottito. Avevano addirittura carri armati. Erano uno strano tipo di veicoli, colorati di oro opaco. Credo fossero chiamati carri armati, almeno. E’ la prima volta in vita mia che ne vedo uno... ma ne sono piuttosto sicuro. E davanti a loro, un'enorme fila di soldati armati era allineata.... dicendo 'Questo è un avvertimento. Sgomberate l'area immediatamente'. E hanno continuato a ripeterlo un paio di volte. 'Questo è un avvertimento. Sgomberate l'area immediatamente.'”
  La paura balenò nei suoi occhi.
  ”Ma non siamo andati via, come avrai capito. Alcuni hanno tentato di scappare, ma molti altri gridavano perché si continuasse ad avanzare. Così noi – voglio dire, non ci aspettavamo saremmo stati attaccati. Siamo cittadini. E come ho detto, la gente presente non era solo da Lost Town o altri distretti, c'erano anche residenti di Cronos. Elite con le loro famiglie. Non ho mai nemmeno preso in considerazione... che la città avrebbe usato le forze militari contro la sua stessa gente.”
  ”Ma lo ha fatto,” disse Karan con un filo di voce. Troppo facilmente aveva premuto il grilletto contro i suoi cittadini.
Sentenza per coloro che non obbediscono.
  Punizione per coloro che non si sottomettono.
  No. 6 aveva esposto i suoi veri colori. Aveva abbassato la maschera indossata così abilmente fino ad allora.
  Morte a coloro che non sono docili.
  Una penalità per quelli che si ribellano.
  ”Appa era dietro di me quando è stato colpito, dritto alla testa. Non ha fatto nemmeno un suono, è solo caduto... tutti sono andati nel panico, cominciando a tentare di fuggire di lì. Oh, non crederesti alla scena. Trascinando Appa a turno... siamo fuggiti il più veloce possibile. Quando ci siamo ripresi. Eravamo seduti qui....”
  Koka sollevò il viso e lanciò un urlo al cielo.
  ”Oh, mio figlio sta diventando freddo! Perchè! Perchè doveva succedere tutto questo? Mio figlio!” Le sue grida angosciose non risuonavano nell'aria ma erano inghiottite dal cielo notturno.
  ”Hei! Sembra che la gente si stia radunando di nuovo davanti al Moondrop.” Un uomo che fissava il monitor del suo computer mobile sollevo un barrito come un urlo di battaglia. Tutti tranne Koka guardarono verso di lui.
  ”Sembra ci siano due – no, tre volte più gente questa volta. Stanno tutti venendo fuori per ottenere il vaccino. Con così tanta gente nemmeno il Dipartimento di Sicurezza o l'esercito sarà in grado di fare qualcosa. Non possono massacrare tutti i cittadini. Ora è il momento di chiedere al sindaco di venire fuori dal Moondrop così possiamo avere una discussione.”
  ”Si stanno radunando tutti... è la verità?”
  ”Sì. La gente si sta riunendo di nuovo, e questa volta useranno la forza per tirare fuori il sindaco. Questa è la nostra prima possibilità, se non l'ultima. Ora è il momento, ci siamo.” La voce dell'uomo tremava, mentre i suoi occhi vagavano sullo schermo del computer.
  ”Sì, adesso.”
  ”Torniamo lì ancora una volta. Non lasceremo che la morte di Appa sia vana. Se ci tirassimo indietro ora, per cosa avrebbe dato la sua vita?”
  ”Non è solo Appa. Anche mio cugino e mia madre sono morti, per quella malattia. Non possiamo lasciare che le anime di quei morti restino non vendicate.”
  ”E’ morta anche la mia sorellina. È spirata così velocemente. Puoi immaginare quanta rabbia avessi? Se solo avessi avuto il vaccino, se solo la città avesse risolto il problema più velocemente, non sarebbe dovuta morire.”
  ”Giusto, andiamo.”
  ”Sì!”
  Gli uomini si tirarono tutti in piedi. Si guardarono l'un l'altro, poi cominciarono a correre. Solo la donna e l'uomo morto rimasero.
  ”Mio figlio è morto. È partito per un viaggio senza di me,” continuò a piangere Koka. La sua voce viaggiava attraverso il terreno, aggrappandosi ai piedi di Karan.
  Lo sapevo. Lo sapevo. Lo sapevo. È morta della gente. Ancora altri ne moriranno nel prossimo futuro.
  ”Karan,” disse Renka in una voce tremante alle sue spalle. “Cosa succederà? La convocazione in internet... è opera di mio fratello?”
  Karan si voltò, afferrando le spalle di Renka.
  ”Renka, come posso contattare Yoming? C'è qualche modo?”
  Renka scosse prontamente il capo. “No. Non riesco a raggiungere il suo cellulare né la sua e-mail. Credo stia rifiutando qualunque contatto.”
  ”Capisco...”
  ”Mamma? Signora?” Lili puntò giù lungo la via con la mano estesa. Ombre di figure comparivano da qualunque viale, formando una folla oscura.
  ”Al municipio, al Moondrop.”
  ”Dobbiamo ottenere il vaccino.”
  ”Non possono lasciarci morire così.”
  ”Già! È questo che si aspettano da noi?”
  ”Andiamo, gente. Uniamoci!”
  Grida e passi si scontravano e mescolavano insieme, diventando un unico fragore. Dove era rimasta a dormire questa energia all'interno della città?
Dio, tutti in questa dannata città sono così ingenui e obbedienti, aveva borbottato Yoming una volta. Non avevano nemmeno l'energia di dubitare gli ordini che arrivavano dall'alto. Loro non provano nemmeno a pensare. Vanno semplicemente per la strada di minor opposizione, aveva sputato acidamente, le sue parole cariche di frustrazione e disprezzo.
  Ma ora, il suolo radiava il calore delle persone, ed era a un passo dall'esplodere. Una tale energia era rimasta nascosta dentro di loro per tutto questo tempo. No. 6 non doveva avere alcun accenno di disagio, scontento o ansietà. Ma questo era ciò che aveva continuato a vorticare in profondità. Quello che aveva continuato a scorrere nascosto sotto il terreno era sul punto di esplodere. Era quasi un miracolo.
Forse questo mondo sta davvero per cambiare. Forse – no. Non è così. È diverso. Non è giusto, un miracolo avvolto nel sangue e angoscia non è alcun miracolo.
  Yoming aveva previsto la caduta di No. 6. Aveva inneggiato alla distruzione della Città Santa. Ma non aveva accennato a una singola parola di creazione. Non aveva espresso una specifica visione per quale tipo di mondo desiderasse realizzare lì; cosa aspirasse a creare dopo che No. 6 avesse cessato di esistere. Non una singola parola.
  Karan si portò le mani al cuore, che batteva freneticamente.
  Le grida di dolore di Koka erano inghiottite e infrante dalla confusione, non raggiungendo le orecchie di nessuno.
  ”Renka, torna dentro il negozio, per favore. Chiudi la porta e resta nel retro con Lili.”
  ”E tu, signora?”
  Karan si accovacciò di fronte a Lili.
  ”Accompagnerò Koka a casa. Tornerò presto. Tu prenditi cura di tua madre mentre sono via, okay?”
  ”Va bene!”
  Baciò la guancia di Lili. Poi, per un momento, chiuse gli occhi. L'immagine del sorriso di Shion sfiorò i suoi occhi. Karan respirò a fondo l’aria notturna nel petto, aprendo nuovamente gli occhi.
  • fine capitolo-
note: 1. Senpai (è anche nella versione inglese così l'ho lasciato anch'io) significa persona che frequenta una classe superiore rispetto al soggetto. Funziona anche come modo per indirizzarsi rispettosamente a una persona più vecchia o con maggior esperienza.